LAURA CURINO E RENATO SARTI al Pedrazzoli – 18 GENNAIO

IL RUMORE DEL SILENZIOil-rumore-del-silenzio_rsarti_lcurino_phjacopogussoni

 

sabato 18 GENNAIO
ore 21

con Laura Curino e Renato Sarti
testo e regia Renato Sarti

illustrazioni Ugo Pierri

musiche originali Carlo Boccadoro

Si ringraziano: Associazione Piazza Fontana 12 Dicembre 1969 e Licia, Claudia e Silvia Pinelli

Il 12 dicembre 1969, alle 16 e 37, nella Banca dell’Agricoltura di piazza Fontana a Milano esplose una bomba che causò la morte di diciassette persone e ne ferì ottantotto. A seguito di questi fatti, l’anarchico Giuseppe Pinelli morì innocente nella questura di Milano. Senza rinunciare a pochi ma essenziali cenni riguardanti i fatti politici e processuali, il testo si sofferma sulla tragedia, spesso dimenticata, delle vittime e dei loro cari, concentrando l’attenzione soprattutto sugli aspetti umani, quelli circoscritti alla sfera prettamente personale.

Biglietti
17 € intero | 15 € ridotto | 5 € under 24
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Recensione da Klpteatro

“Il rumore del silenzio”, spettacolo dedicato da Renato Sarti a Piazza Fontana nel cinquantenario della strage, è un viaggio nella memoria per chi ha vissuto quegli eventi e per chi invece non ne sa niente. Piazza Fontana, 12 dicembre 1969, è lo spartiacque tra ciò che eravamo e ciò che siamo diventati. All’evento è dedicata l’intera stagione del Teatro della Cooperativa. Lo ricorda anche il disegno di Ugo Pierri sulla copertina del libretto che la illustra: la sagoma violacea di un uomo, l’ovale deforme della bocca che ricorda l’“Urlo” di Munch, la testa reclinata, un senso di squilibrio. E un orologio immortalato alle 16.37, l’ora dell’esplosione.
Fu la madre di tutte le stragi. L’Italia divenne teatro di massacri e omicidi politici. Sulla scena politica emergeva una sinistra extraparlamentare rabbiosa intenta a radicalizzare lo scontro. L’estremismo di destra andava ricompattandosi in chiave neofascista. Fra trame eversive e progetti di golpe, divampava la bufera istituzionale. Servizi segreti e apparati tramavano contro lo stato invece di difenderlo.

Lo stato, una strage, mille misteri. Impossibile far luce nella Storia. E allora tanto vale raccontare le storie. Questo fa Sarti. Che abituato alla satira sferzante e alla denuncia veemente, qui sceglie invece una via elegiaca. L’autore di “Chicago Boys” e “Mai morti” entra di soppiatto nei ricordi delle famiglie e nelle vicende personali di chi dentro quella piazza trovò la morte.
È una narrazione sottovoce, come in “Gorla, fermata Gorla” o in “Matilde e il tram per San Vittore”. Strane storie di macchine da rottamare e di cinture di pantaloni usate come tamponi per le ferite, di luminarie spente, di regali sotto l’albero aperti giorni e giorni prima di Natale. Storie di funerali di uno stato assassino dentro una città livida, e c’era solo silenzio. «Avevo una sensazione strana: eravamo pigiati come sardine eppure mi sentivo solo. Osservavo i volti: sembravano scolpiti».

In gilet e cravatta, Sarti rievoca sé stesso 17enne, appena giunto sotto la Madonnina da una Trieste compassata. Con voce sostenuta, rapida, ficcante, con ritmo a tratti accelerato, Sarti disegna la città dei locali e delle osterie, dei sogni infranti e da realizzare.
Quella del 12 dicembre era una Milano plumbea. Si portò via di 17 persone e poi Pino Pinelli, militante anarchico e partigiano (si badi bene) precipitato da una finestra della Questura. Si portò via poi il futuro di Valpreda, ballerino, anarchico anche lui, il capro espiatorio, il “mostro” da dare in pasto ai media, tre anni di galera, una vita violata, un’identità da ricostruire.

Accanto a Sarti, una Laura Curino in foulard, voce avvolgente, recitazione piana. Vive attraverso di lei Licia, la moglie di Pinelli. Sono i fotogrammi di un amore. Sono anche gli abissi di un dolore che non diventerà mai resa.
Curino carismatica catalizza l’attenzione. Nei rimbalzi con Sarti non cala il ritmo di una narrazione che ha del visionario, grazie anche al contributo dei disegni di Ugo Pierri e Giulio Peranzoni che scorrono sullo sfondo attraverso la video installazione di Fabio Bettonica.
Gli acquarelli crepuscolari di Pierri stemperano la violenza nel simbolo. Sono sagome ceree, volti evanescenti. I corpi sono macchie smorte dilatate. La solitudine annega nell’onirico. I colori si sciolgono nell’acqua: come la verità.
I disegni in bianco e nero di Giulio Peranzoni sono inquadrature cinematografiche in successione. Accompagnano il racconto come un graphic novel. Una nota surreale smorza la tensione ed esorcizza i sospiri del pubblico.
Il controcanto arriva anche dalle musiche originali di Carlo Boccadoro, tenui, mai invasive, che tengono la pièce in linea di galleggiamento. Il linguaggio visivo del lavoro si vale di pochi oggetti scenici (su tutti l’orologio fermo alle 4.37) ed è la porta per parlare con i giovani, che di questa storia sanno poco.
Forse è pleonastica l’appendice sulle mille tappe di un processo senza verità. Ma per Sarti ricordare è atto doveroso sempre e comunque. Del resto la memoria cronachistica, nei labirinti di una giustizia senza bussola, diventa sostegno per reggere l’impatto emozionale che rischierebbe di fagocitare la lucidità. E oggi, a cinquant’anni da Piazza Fontana, ma anche a meno di vent’anni dagli eventi loschi di Genova 2001, restare lucidi è più che mai necessario.